curiosità stroriche padovane  1°

DALLA SPECOLA

“Ci è stato raccomandato, nell’illustrare le foto, di non lasciarci trasportare da nostalgie inopportune, da eccessivi rimpianti, per dirla con una parola, dall’amor di campanile. Soffermandoci su questo panorama meridionale temiamo di non farcela. La città, a stretto gomito con le campagne, terminava a Saracinesca. Al di là non si vedono costruzioni di sorta, si scorgono solo i campanili dei paesi limitrofi non ancora agglomerati nella disordinata Padova cresciuta a dismisura oltre il territorio comunale. Lontano, i vasti orizzonti, il profilo dei colli. Il tronco maestro del Bacchiglione scorre all’ombra dei giardini Piazza, della torre del Diavolo, dei resti dell’Accademia Delia. Lungo riviera Paleocapa pochi carri trainati da cavalli trasportano ghiaia e sabbia caricata dai barconi di via Goito; i fanciulli col panierino di vimini si affrettano alla scuola di Madame Clair; la caserma di Sant’Agostino ospita gli squadroni di cavalleria; in ogni casa gli armoniosi archi a tutto sesto. Come non ricordare il sonetto di Curio Mortari dedicato alla Padova dove aveva trascorso la giovinezza? “Era il paese di Buona Fortuna / quello, ove dolce fu la primavera, / ove, tra fiori e fontane, ogni sera / un buon demonio accendea la luna. / I vecchi frequentavan la costiera / i bimbi il verde, e nella chiesa bruna / entravan le zitelle ad una ad una, / ma gli amanti prendevan la riviera…”.”
Da: Padova tra ottocento e novecento di Giuseppe Toffanin

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